Tra le innumerevoli cose che in questo periodo non riesco a fare c'è stato anche il non essere andato alla direzione congiunta regional-provinciale del partito che si è tenuta oggi a Porto Torres per discutere di industria con Fassina. E mi dispiace. Perché era una buona iniziativa di questo faticoso Partito Democratico. Come mi dispiace non aver letto l'intervista alla Nuova di Susanna Camusso, ma aver letto solo il titolo: "Il futuro è nell'industria". Quindi le cose che vado scrivendo le vado scrivendo "al buio".
E quello che ho da dire mi sembra banale, anche perché in fondo io di sistemi industriali non capisco niente, però voglio dirlo lo stesso: ecco secondo me invece questo sistema non funziona. Almeno non così, non con questa industria. Mi piacerebbe poter dire che non funziona più e invece mi pare che non abbia mai funzionato. Perciò, pur dovendo assolutamente "gestire l'esistente" perché ne va della vita lavorativa, ma non solo, di centinaia di famiglie, quindi in realtà, della sopravvivenza dell'intero sistema sociale dell'area di Porto Torres e più in generale del nord-Sardegna, la politica deve al più presto elaborare delle exit strategies volte a immaginare uno sviluppo diverso nell'area. Uno sviluppo che tenga conto dell'esperienza devastante che la chimica ha rappresentato e rappresenta per la zona, dove ogni fondamentale posto di lavoro è stato pagato ad un prezzo altissimo non solo in termini di contributi economici da parte dello Stato, ma anche in termini di salute dei singoli e di devastazione del territorio. Senza parlare dell'ultimo gravissimo incidente che ha inquinato il Golfo dell'Asinara e che sportivamente e arbitrariamente riconduco in questa sede nell'ambito dell'imponderabile per non farmi prendere da una rabbia eccessiva.
Non mi nascondo, anzi so bene, che il petrolchimico ha rappresentato per l'isola un'innegabile rivoluzione in termini di elevazione del tenore di vita della popolazione. È utile al proposito vedere immagini documentaristiche di quegli anni per l'area di Taranto, dove un infinito numero di Pugliesi emigrati ritornavano con la concreta speranza anzi con la certezza di un avvenire migliore nella loro terra. Per i Sardi è accaduto lo stesso. Non sono un luddista né un ambientalista integralista, ma è proprio in termini economici che il sistema non è mai andato a regime, brucia denaro, non produce la ricchezza sufficiente a mantenersi, figurarsi a produrre un surplus tale da giustificare lo scempio di vita prodottosi sino ad oggi. Dopo tanti anni lo dobbiamo dire, è un dovere non solo morale ma politico.
Non mi illudo che la parola magica possa essere "turismo!", perché lo sappiamo tutti che la stagione è impossibile che duri tutto l'anno, ma insomma, anche se così fosse, neanche Venezia riesce a vivere di solo turismo, neanche Barcellona, figurarsi Porto Torres e il Sassarese. Su cosa puntare? Sull'area franca? Forse, boh. Se lo sapessi credo che sarei già ricco, ma intanto la riqualificazione del territorio, la costruzione di un sistema di controllo e di contenimento del rischio, il pretendere, con tutta la forza che la politica e le istituzioni sanno, applicare il rispetto di rigorose norme di sicurezza del lavoro e dell'ambiente, rappresenta un obiettivo concreto e volto a restituire dignità alla nostra terra e a noi stessi. Anche questo è un modo per fare economia, con l'innegabile vantaggio che nel guardarci in faccia gli uni con gli altri potremo cogliere forse anche un senso di serenità che solo il rispetto per noi stessi ci può dare.
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