Lunedì ho pubblicato il pezzo sull'industria sassarese che ha avuto l'onore di finire anche su Rosarossaonline e di una risposta di Aldo Vanini.
Qui ci sono le mie controriflessioni che trovate anche su Rosarossaonline.
A me gli spunti polemici piacciono se servono a capirsi meglio. Ed evidentemente in questo caso mi ritrovo a dover dire le frasi di un comico che non ricordo più "non so se mi sono capito o se mi rendo conto di quello che dico", anche perché la reazione di Aldo Vanini al mio articolo di ieri non è stata l'unica di tono simile. Qualcuno privatamente mi ha detto: sai io sono un industrialista e penso che dobbiamo provare a tenerci l'industria, quella che sia.
Bòn, una cosa la dico in premessa a scopo puramente polemico: si può dire qualcosa di facile (io avevo scritto addirittura: banale), non tutto deve essere difficile. Complessa deve essere l'analisi, anche faticosa e difficile, ma poi alla fine si può e magari si deve dire qualcosa di facile.
Ma è chiaro che non mi sono spiegato bene. Anche perché il titolo del mio articolo non aiutava (non l'ho scelto io, ma non accuso nessuno evidentemente non mi sono davvero spiegato). Quindi mi chiarisco a me stesso prima che al prossimo, Aldo compreso. Come ho scritto non sono un luddista né un ambientalista fanatico: mangio uova di galline in gabbia e non credo nella "decrescita felice". Non solo non sono contrario all'industria, ma ho sottolineato l'innegabile rivoluzione in termini di tenore di vita che l'industria ha comportato nelle aree dove è stata installata a partire dagli anni Cinquanta. Quanti poveracci sardi hanno campato le loro famiglie in tutto questo tempo grazie all'industria? Molti, moltissimi, non me ne voglia Aldo se non metto numeri (non li so!) e quanti "figli di poveracci" sono andati all'Università grazie ai loro padri nell'industria? Tantissimi, compresa quella ragazza che lottava col padre in una occupazione dei mesi scorsi. Quindi... viene voglia di abbracciarla l'industria. Diamoci un'industria che funziona e sarò disposto a pagarne il prezzo, anche nei termini di un congruo ma non eccessivo numero di tumori (decidete voi quanto è congruo e quanto è eccessivo).
Ma c'è un però che avevo detto o almeno così mi pareva anche se in modo "semplice troppo semplice", ma che ora scrivo con parole non mie, così sono sicuro che mi rendo conto di quello che dico: "ora, é evidente che il sistema gestionale di tutti questi settori [industriali], in Sardegna, non abbia funzionato. Che le risorse siano state distribuite senza garanzie, cercando di attrarre impresa non con i vantaggi di un sistema snello, accogliente ed efficiente, ma con le regalie dei contributi a fondo perduto, mai condizionati ai risultati, sempre legati a tappare qualche crisi endemica e, quindi, sotto costante ricatto e sotto la costante minaccia dell’abbandono causato dalla mancanza di reali vantaggi a permanere, appena esaurito il beneficio iniziale" (copyright Aldo Vanini). Effettivamente è più chiaro e articolato di un semplice: "questo sistema non ha mai funzionato" (copyright Mauro Sanna).
Non ho l'impressione, ma forse mi sbaglio, che i Sardi abbiano cenato molto spesso a scrocco (ma forse il Gatto e la Volpe sì), né mai adottato la politica del nimby: ci siamo fatti piantare industrie petrolchimiche e strutture edili costasmeraldesche in tutti i giardini di casa, abbiamo abbracciato basi militari, alcune forse radioattive, per ogni dove (e le difendiamo con i sindaci del PD), tutto in nome del va bene anche nel mio giardino e non solo per motivi economici, ma perché così siamo anche più Italiani. Non dico ai Sardi, ma a me i compromessi piacciono tantissimo se servono come in Emilia, in Altoadige etc. a "trovare un punto di equilibrio tra tutti i settori produttivi, mantenendo occupazione e sviluppo, riuscendo a dotarsi di una burocrazia efficiente e propositiva e non votata al diniego permanente e generalizzato" (copyright Aldo Vanini). E questo punto di equilibrio è stato certamente trovato anche in Sardegna, come dimostra l'occupazione dell'Asinara e della Torre aragonese che si trascina da oltre un anno.
Il punto è che in Sardegna "le risorse, non neghiamolo, sono arrivate e in non modesta misura, fin[endo] piantate nel Campo dei Miracoli, a beneficio di tutti i Gatti e Volpi, locali e forestieri, che hanno speculato sulla lentezza, sull’indecisione, sulla mancanza di idee e progetti concreti e coordinati" (sempre copyright Aldo Vanini così mi spiego meglio). Immagino che abbiano speculato sulle spalle di quei Sardi che la schiena se la spaccano nell'industria e magari ci muoiono anche dentro. Perciò, mi domando, sarà il caso di continuare a piantar soldi nel campo dei miracoli? O di trovare delle exit strategies per smetterla di farci prendere per il...naso come dei Pinocchi? Dobbiamo continuare a bruciare risorse dello Stato? Proviamoci. Col piccolo particolare, a proposito di campi dei miracoli, che lo Stato, che non è fatto solo dai Sardi tra l'altro, di risorse da mettere in campi sterili non ne ha più. Io sono disposto a tenermi anche questa di industria, anche se non funziona, purché qualcuno sia disposto a metterci i soldi in perdita, ma pare che questo qualcuno non ci sia. Sennò quelli lì non sarebbero sulle torri. Ecco perché la politica deve trovare altre soluzioni. La stagione del Paese dei balocchi è finita e non grazie al fatto che ci siamo accorti per primi del fatto che piantar soldi in quel campo non funziona. La Sardegna, "questa povera isola, sempre più in crisi economica e occupazionale, non può permettersi di rifiutare alcuna occasione produttiva, in tutti i settori economici, che dia garanzia di serietà e durata nel tempo, perché la stabilità del benessere consiste proprio nella pluralità delle attività economiche, nell’interconnessione degli indotti, nella crescita del know how culturale e tecnologico che può essere garantito solo dalla densità degli investimenti" (copyright Aldo Vanini).
Quali sono questi settori? Quale la pluralità delle attività economiche? Quale l'interconnessione degli indotti? Boh, non lo so, d'altronde io non vado alle Direzioni e non leggo la Camusso, leggo solo Aldo Vanini, copio solo da lui, ma questo pezzo da copiare, da lui, non l'ho trovato.
Mauro Sanna.
Nessun commento:
Posta un commento