mercoledì 29 luglio 2009

Pensare democratico

A costo di sembrare retorica, voglio ancora poter credere che chi si occupa di politica lo fa solo per il bene comune.
A costo di sembrare retorica voglio continuare a confidare nella forza delle buone ragioni, che non possono che essere quelle che promanano da un pensiero democratico.
Ma, come ben argomentato in un articolo di Gianrico Carofiglio pubblicato su La Repubblica di martedì 28 luglio 2009, che consiglio di leggere, in Italia si sta assistendo a un fenomeno estremamente pericoloso, ossia "[...] a un processo patologico di conversione del linguaggio a un'ideologia dominante attraverso l'occupazione della lingua. E' l'espropiazione di alcune parole chiave del lessico civile. [...] Gli usi abusivi, o anche solo superficiali e sciatti, svuotano di significato le nostre parole e le rendono inidonee alla loro funzione [...]".
Credo che la parola democrazia (e i suoi derivati) sia tra queste parole abusate, utilizzate con superficialità, svuotate del loro significato.
Credo che sia opportuno ricordarci che cosa è la democrazia. Per aiutarci a ricordare mi permetto di impiegare le parole di Amartya Sen (La democrazia degli altri, 2004): "Innanzitutto occorre evitare l'identificazione fra democrazia e governo della maggioranza. La democrazia ha esigenze complesse, fra cui, naturalmente, lo svolgimento di elezioni e l'accettazione del loro risultato, ma richiede inoltre la protezione dei diritti e delle libertà, il rispetto della legalità, nonché la garanzia di libere discussioni e di una circolazione senza censura delle notizie. In realtà, anche le elezioni possono essere del tutto inutili se si svolgono senza aver offerto alle diverse parti un'adeguata opportunità per presentare le loro posizioni o senza concedere all'elettorato la possibilità di avere accesso alle notizie e valutare le opinioni di tutti i contendenti. La democrazia è un sistema che esige un impegno costante, e non un semplice meccanismo indipendente e isolato da tutto il resto".
Queste parole mi son ritornate in mente proprio lunedì scorso durante il dibattito presso la sala dei Vigili urbani, poiché, nonostante qualcuno negli ultimi tempi abbia sostenuto che nel PD bisogna andare avanti tra colpi bassi, calci e fuoco amico senza farsi scoraggiare, gli interventi dei partecipanti e gli scambi di opinione nella platea (costituita per la maggior parte da giovani, non "vecchi giovani", proprio giovani) hanno dimostrato che non è questa l'idea di partito che abbiamo, che la democrazia è viva e necessita di essere vissuta con l'impegno che comporta.
Certo, ognuno di noi è portatore di un'idea di sinistra diversa, ma forse è arrivato il momento di renderci conto che non potremo mai realizzarla interamente e da soli. L'unica nostra possibilità è l'unione (che non significa appiattimento culturale e servile consenso) in un grande partito (perché anche i numeri sono necessari) per realizzare la nostra idea, anche se solo in parte, perché, che ci piaccia o no, la politica attiva consiste nel fare il massimo che si può fare compatibilmente con le situazioni in cui ci si trova a operare. E per ben iniziare dobbiamo operare coscienti di essere portatori di un pensiero democratico.

1 commento:

  1. Allora, bisognerebbe intanto cominciare a candidare alla guida del PD uomini o donne di sinistra (cioè autenticamente di sinistra, non che abbiano una "certa idea di sinistra"). Basta, per carità, con i Franceschini, i Veltroncini, i Cabrasini eccetera eccetera!!

    Francesco Obinu

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